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Commissionata a Lorenzo Lotto nella primavera del 1537 dai domenicani di Cingoli per l’altare maggiore della restaurata loro chiesa, la grande tela dedicata al tema della Vergine del Rosario fu portata a termine dal celebre pittore veneziano nel 1539, come si legge nella faccia frontale dell’imponente basamento lapideo su cui poggia il trono della Madonna.
Data prima della quale l’artista pose anche la sua firma, nella forma latina: «L[aurentius] Lotus», sfruttando così la suggestione, ad egli cara, che il suo cognome in latino assumeva, risultando questo nella medesima forma del fiore “dell’oblio”: il loto.
L’imponente dipinto, 389 x 264 cm., è senza dubbio uno dei “capolavori” di Lorenzo Lotto: l’artista ormai sessantenne suggella in questo lavoro la sua cifra stilistica, tecnica, culturale e spirituale; la Vergine del Rosario di Cingoli è in effetti una delle opere più complesse e semanticamnte profonde della produzione del sensibile e dotto artista veneziano.
Su di un cielo velato di luce serotina si staglia un imponente roseto che fa da sfondo a un graticcio ligneo su cui trovano collocazione, in forma piramidale, posizionati su tre ordini, quindici medaglioni, contenenti i temi dei quindici misteri del culto mariano del Rosario. Minuziosi capolavori nel capolavoro.
In una composizione che va letta dall’alto in basso e quindi da sinistra a destra, trovano luogo: i cinque Misteri gaudiosi (Annunciazione, Visitazione, Natività, presentazione al tempio, cristo bambino che insegna ai dottori), i cinque Misteri dolorosi (Cristo nell’orto degli ulivi, Flagellazione, Incoronazione di spine, Ascesa al Calvario, Crocifissione) e i cinque Misteri gloriosi (Resurrezione, Ascensione, Pentecoste, Assunzione della Vergine, Incoronazione della Vergine).
Un muro interminato, a grossi blocchi, consunto dal tempo, occludendo la parte inferiore del grande roseto fa da ulteriore sfondo alla sacra conversazione con la Vergine in trono con Bambino contornata di santi che le rendono onore, disposti su tre ordini: sul primo ordine i santi Domenico (che riceve la corona del Rosario dalla Madonna) e Esuperanzio (patrono della città di Cingoli, che offre un modellino della città, raffigurata dal vivo, vista da est, verso cui si protende il bambino, quasi a sfuggire all’abbraccio materno); sul secondo ordine elegantemente vestita, in fogge tipicamente cinquecentesche, Maria Maddalena (in cui la tradizione vuole il Lotto abbia effigiato la nobildonna cingolana Sperandia Franceschini Simonetti) e Caterina da Siena; sull’ultimo livello i santi domenicani Vincenzo Ferrer e Pietro da Verona, quast’ultimo riconoscibile dal suo, curioso, attributo iconografico: la mannaia conficcata in testa, con cui subì il martirio.
In basso, al centro, Giovanni Battista bambino che indica il Cristo, e due puttini, uno dei quali lancia con entrambe le mani petali di rose tratti a piene mani dal cestone di vimini che ha dinanzi; gesto che, al di là dell’indubbio valore simbolico e metaforico, accenna alla vetusta tradizione popolare di gettare fiori al passaggio dell’immagine della Vergine durante le festività religiose.