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Ispirata al Vangelo dell’infanzia di Gesù, narrato da Luca, è considerata l’ultima opera del Lotto, lasciata interrotta dalla morte, autentico capolavoro, quasi il suo “testamento” artistico e spirituale.
E’ stata realizzata dal pittore a Loreto, dopo l’atto di oblazione alla Santa Casa del 1554, negli ultimi anni della sua vita, quando era divenuto ormai quasi cieco.
L’impianto compositivo è piuttosto complesso, risultando dalla sovrapposizione di due piani: il tempio ebraico di Salomone in cui si svolge la Presentazione e la basilica mariana di Loreto da cui emerge un vecchio uomo barbuto, l’ultimo autoritratto del grande artista.
Non è da escludere che la sezione superiore del quadro, raffigurante un locale con stalli lignei, faccia riferimento all’antica Cappella del Coro del Santuario, dove furono esposte le sette tele di Lorenzo Lotto.
I sacerdoti che accolgono il Messia sono tre, disposti l’uno dietro l’altro, rappresentazione di uno stesso personaggio in tre distinte fasi della vita.
Il vecchio Simeone è il rappresentante del tempo veterotestamentario, segue un rabbino di mezza età posto a testimoniare la religione ebraica, chiude un giovane chierico, espressione ultima di un impianto teologico di cui si riconosce la matrice dal monoteismo ebraico.
Al centro del quadro un altare quadrato, ricoperto da una tovaglia bianca e senza alcun soggetto al di sopra della mensa, sorretta da quattro piedi simili a quelli umani che potrebbero significare lo stesso corpo di Cristo, e il suo sacrificio sulla croce.
L’altare, in effetti, nella simbologia liturgica rappresenta Cristo e i piedi, figurati fermi o in movimento, nella letteratura e nello stesso testo biblico sono usati di frequente per richiamare l’intera persona umana.