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L’artista adotta come parametro figurativo la leggenda popolare del santo traghettatore, forzando il rapporto proporzionale tra le figure.
Che sia San Cristoforo ad essere esageratamente grande, e non gli altri due santi troppo piccoli, lo conferma la caratura del paesaggio di fondo, un paesaggio marino che presenta nei tratti della sua costa i caratteri del vicino promontorio del Conero, strutturalmente aderente alle figure di Rocco e Sebastiano.
La dimensione fuori scala di Cristoforo consente di portare quanto più in alto possibile la piccola figura di Gesù Bambino che con la mano destra impone al gigante un peso insostenibile corrispondente a quello del mondo, così come recita la leggenda.
Sulla sinistra San Rocco mostra come di consueto il bubbone pestilenziale, mentre sulla destra San Sebastiano è legato all’albero del martirio da cui però germoglia l’edera, simbolo di eternità.
Il serpentello che striscia sotto il cartiglio è quello di Esculapio a conferma del carattere votivo del quadro i cui protagonisti sono invocati contro le malattie e le pestilenze, spesso associati alla raffigurazione della Madonna di Loreto.
La tela, che reca la firma dell’autore sul cartiglio arrotolato, ha ornato per lungo tempo un altare laterale della Basilica che era dedicato, sin dal 1542, a San Cristoforo.